Le mie ricerche sul mondo della scuola e sulla finalità e la natura dei processi di insegnamento hanno preso avvio dal notevole risultato conseguito nel 1936 da Alan Turing il quale, proponendo la sua idea di macchina universale, ovvero di un modello astratto capace di eseguire ogni tipo di calcolo su numeri e simboli, aveva evidenziato che per saper elaborare l’informazione (e a maggior ragione trattare e gestire la conoscenza) occorre disporre di un supporto materiale dotato di uno stato interno e di specifiche capacità. Nel caso della macchina in questione le capacità richieste e imprescindibili sono racchiuse in una testina che si sposta lungo un nastro, immaginato di lunghezza infinita, diviso in quadratini dette celle, scrivendo oppure cancellando simboli nelle celle del nastro. La macchina analizza il nastro, una cella alla volta, iniziando dalla cella che contiene il simbolo più a sinistra nel nastro, e a ogni passo legge un simbolo sul nastro e, in accordo al suo stato interno corrente, decide il suo prossimo stato interno, scrive un simbolo sul nastro e stabilisce se spostare o meno la testina a sinistra o a destra di una posizione. Se non fosse dotata di questo stato interno capace di prendere decisioni, di questa testina materiale e delle cose che sa fare, la macchina non sarebbe in grado di eseguire algoritmi e calcoli e di avere un comportamento intelligente.

Trasferita dall’intelligenza artificiale a quella naturale di noi esseri umani questo straordinario risultato significa che ciò che ci rende capaci di acquisire conoscenza e di elaborarla in modo attivo è la disponibilità di un supporto materiale (il nostro cervello e i processi mentali che esso esprime) senza le cui capacità e competenze non saremmo in grado di ricevere e di trasmettere a nostra volta alcun dato informativo. Ne consegue che l’insegnamento non può essere un semplice processo di trasmissione di informazioni e conoscenze, ma è un’impegnativa attività il cui obiettivo primario è quello di plasmare questo supporto materiale, corredandolo di tutte le capacità che lo mettono in condizione di percepire, pensare e immaginare. Queste capacità sono ben note: si chiamano analisi, astrazione, analogia, induzione, deduzione, abduzione, uso euristico dei modelli.

In maniera più dettagliata, lo scheletro, il supporto materiale, la struttura solida alla quale vanno riferite le conoscenze apprese per potere essere assimilate e “incorporate” e diventare, oltre che oggetto del nostro sapere, anche strumenti per una migliore comprensione dell’apparato cognitivo, della rete di concetti e dei linguaggi di cui ci serviamo per porci in una relazione efficace con la realtà in cui siamo immersi,  è costituito dal complesso degli strumenti che ci possono mettere in condizione di:

  • ricercare, selezionare informazioni in un contesto oramai di iper-informazione, che spesso esibisce congiuntamente i caratteri dell’incompletezza e della ridondanza, e che soprattutto è sovente intrinsecamente acritico;
  • identificare e perseguire obiettivi e percorsi di soluzione secondo strategie differenziate (es. la migliore in termini di tempo, di qualità o di risorse investite);
  • saper comunicare, esprimersi, ascoltare;
  • sapersi confrontare con gli altri mediante la creazione  progressiva di sfondi condivisi[1]:
  • essere in grado di  costruire, condividere e rappresentare artefatti mentali sia nella dimensione cognitiva che in quella emotiva[2]
  • affermare o confutare tesi attraverso logiche, schemi concettuali e sistemi valutativi condivisi;
  • lavorare in gruppo sapendo accettare idee altrui, prendere decisioni condivise, assumere e rispettare impegni;
  • essere capaci di  gestire, indirizzare e valorizzare creatività ed emozioni;
  • saper operativizzare e tradurre in azioni, idee e intenzioni tenendo conto di tempi, risorse, opportunità, criticità.

L’orientamento verso una concezione dei processi di insegnamento finalizzata alla costruzione e allo sviluppo di questo “supporto materiale” delle conoscenze esige un duplice presupposto:

  • il riferimento a una progettazione didattica che si connoti come operazione aperta, disponibile all’attivazione di percorsi multipli tra loro interagenti, arricchiti da momenti di riflessione individuale e collettiva, pronta all’uso dello studio dei casi, del problem solving, della simulazione e di tutte le strategie che fanno ricorso a problemi autentici, situati, ancorati in contesti concreti e che proprio per questo non hanno soluzioni univoche e predeterminate;
  •  una logica verticale, basata sul principio dello sviluppo nel tempo del nucleo di competenze di base che abbiamo identificato.

Come scriveva due anni prima della sua improvvisa scomparsa Marco Mondadori, iniziando il suo manuale di Logica del 1997, al quale per circa un decennio aveva dedicato buona parte delle sue energie, “Ragionare dobbiamo, e spesso. Di ragionamenti facciamo un uso essenziale ed esplicito quando dobbiamo risolvere problemi importanti, si tratti di problemi pratici relativi a decisioni che influenzano significativamente la nostra vita oppure di problemi teorici che hanno a che vedere con la nostra conoscenza del mondo fisico e sociale”. In queste parole è racchiusa una elevata concezione non solo della logica e, più in generale, della filosofia, ma anche dell’insegnamento e della missione della scuola. Coltivare le capacità intellettuali richieste per inquadrare correttamente e risolvere un problema non è una virtù per una ristretta élite di pensatori, bensì una necessità per tutti coloro che non vogliano rinunciare a esercitare un controllo critico sulle decisioni importanti che li riguardano. Si tratta, inoltre, di un imperativo morale per quanti – giudici, politici, amministratori, manager – si trovino nella scomoda posizione di dover prendere decisioni importanti che riguardano gli altri. Così, il possesso e il controllo critico della “cassetta degli attrezzi“ di cui si serve e si giova la nostra mente per ragionare e la sua diffusione capillare, in modo da renderla accessibile a tutti, è essenzialmente una questione di democrazia, in quanto investe la possibilità dei cittadini di comprendere e controllare i processi decisionali dai quali dipende il loro benessere e la loro stessa vita.


[1]  La creazione di uno sfondo condiviso comporta la convergenza e l’accordo (implicito o esplicito) su paradigmi (schemi di riferimento, fattori sensibili, presupposti, criteri di valutazione),  sul linguaggio (termini, schemi, tempi e ritmi dialettici), valori e priorità valoriali  (es. coerenza vs dignità vs disponibilità vs rispetto altrui ecc.), e di conseguenza  valutazioni (dati sensibili, percezione della realtà, scelte) e azioni (modelli comportamentali)

[2] Con artefatti mentali vanno intesi in questo caso: concetti (definizioni, categorie, classificazioni, mappe, schemi, strutture gerarchiche e relazionali, modellizzazione, astrazione e contestualizzazione), osservazioni (selezione e sistematizzazione di dati e informazioni) esplorazioni (declinazioni, estensioni, metafore, creazione di analogie ecc.), ragionamenti (argomentazioni, spiegazioni, interpretazioni), ambienti complessi (sistemi di relazione, analisi, flussi e processi, retroazioni, simulazioni, correlazioni, analisi sintesi).

Pubblicazioni su questo argomento:

1. Nuovi sapere di base e quadro generale di riferimento,  in Il progetto della scuola che cambia,  Bollettino del Centro di documentazione e didattica, Provincia di Firenze, Assessorato Pubblica Istruzione, n. 15, ottobre 1998, pp. 66-79;

2. La didattica e la rete,  Pitagora Editrice, Bologna, 2000;

3. Presentazione  a A. Cerini e R. Drago, Professionalità e codice deontologico degli insegnanti,  Erickson, Trento, 2000, pp. 7-14

4. L’introduzione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nell’insegnamento scolastico,  ‘TD’, 2001, n.3, pp. 16-25;

5. Le intelligenze e i saperi,  in A. Monasta (a cura di), Organizzazione del sapere, discipline e competenze, Carrocci, Roma, 2002, pp. 61-98;

6. La riforma dei cicli scolastici,  in Verso una Costituente toscana per la scuola,  Giunti, Firenze, 2002, pp.33-59;

7. Competencia y capacidades en la riforma del sistema escolar, ‘Rivista de educacion’, Numero extraordinario 2003, Educacion y futuro,  pp.83-101;

8. La didattica e il progetto,  ‘Tuttoscuola’, n. 428, gennaio 2003, pp. 21-24 e n. 429, febbraio 2003, pp. 28-37;

9. La scuola tra contenuti e modello organizzativo, ‘Il Mulino’, n. 2, 2003, pp. 264-275;

10. Riflessione sul tempo e i tempi nell’educazione,  in Il tempo della ri-creazione,  a cura di G. Barzanò e A. Pendezzini, Quite 2003, pp. 135-156;

11. Nuovi percorsi per l’obbligo formativo,  Edizioni PLUS. Università di Pisa, Pisa, 2003;

12. La riforma della scuola, la rete e i due modelli della comunicazione,  ‘TD. Tecnologie didattiche’, 34, 1-2005, pp. 26-34;

13. Più colta e meno gentile. Una scuola di massa e di qualità, Armando, Roma, 2006;

14. Cultura classica e cultura tecnologica: un dialogo possibile, in U. Cardinale, a cura di, Essere e divenire del “Classico” , UTET, Torino, 2006, pp. 64-89:

15. S. Tagliagambe e D. Sugamiele, Problemi istituzionali, didattici e organizzativi sottesi allo sviluppo della governance territoriale e dell’autonomia scolastica,  in E. Vitello, Autonomia e governance del sistema educativo lombardo,  Fratelli Ferraro editori, Pozzuoli, 2007, pp. 21-48;

16. Il governo locale e l’organizzazione di rete,  in E. Vitello, Autonomia e governance del sistema educativo lombardo,  Fratelli Ferraro editori, Pozzuoli, 2007, pp. 72-89;

17. Saperi in rete, ‘La Rivista dei libri’, anno XVIII, n°1, gennaio 2008, pp. 33-37;

18. V. Campione, S. Tagliagambe,’èSaper fare la scuola: il triangolo che non c’è, Einaudi, Torino, 2008;

19. Cultura classica e cultura tecnologica: un dialogo possibile, in U. Cardinale, a cura di, Nuove chiavi per insegnare il classico,  Utet, Torino, 2008, pp. 238-264:

20. L’identità degli Istituti Tecnici Superiori, ‘Studi e documenti degli Annali della Pubblica Istruzione’, 124, pp. 66-83;

21. Organizzazione a rete dei sistemi formativi, in M.R. Capuano e M. Fusco, Autonomia e governance territoriale dei sistemi di istruzione e formazione professionale, Guerini e Associati, Milano, 2010, pp. 33-41;

22. Reti e ambienti di apprendimento,  in M.R. Capuano e M. Fusco, Autonomia e governance territoriale dei sistemi di istruzione e formazione professionale, Guerini e Associati, Milano, 2010, pp. 190-197;

23. Processi d’insegnamento e processi d’apprendimento, Prefazione a R. Faraldo, A. Saggion, Spazio, tempo e spazio-tempo in un ambiente di apprendimento. Un’applicazione nell’ambito della metodologia per l’integrazione delle scienze, Libreria internazionale Cortina, Padova, 2010, pp. 1-15:

24. Sulla definizione di abilità e competenze nell’ottica della riforma scolastica,  Appendice C in R. Faraldo, A. Saggion, Spazio, tempo e spazio-tempo in un ambiente di apprendimento. Un’applicazione nell’ambito della metodologia per l’integrazione delle scienze, Libreria internazionale Cortina, Padova, 2010, pp. 250-255;

25. Scuola e nuove tecnologie,  ‘Italianieuropei’, 3, 2012, pp. 83-90;

26. L. Geymonat, S. Tagliagambe, E. Boncinelli, F. Cattaneo, P. Cresto-Dina, M. Guffanti, D. Zucchello, La realtà e il pensiero. La ricerca filosofica e scientifica. Manuale di Storia della filosofia per le scuole secondarie superiori, voll. 1, 2 e 3, Garzanti scuola, Milano, 2012;

27. Postfazione a F. Paoli, C. Crespellani Porcella, G. Sergioli, Ragionare nel quotidiano. Argomentare, valutare informazioni, prendere decisioni , Mimesis, Milano-Udine, 2012, pp. 225-245;

28. Reti di sostegno al servizio della scuola, in U. Cardinale, a cura di, Si può salvare la scuola italiana?, il Mulino, Bologna, 2012, pp. 161-187;

29. I nuovi saperi tra scuola, università e lavoro (con M. Ceruti), in G. Capano e M. Meloni (a cura di), Il costo dell’ignoranza, L’Università italiana e la sfida Europa 2020, Il Mulino-AREL, Bologna-Roma, 2013, pp. 213-242;

30) Prefazione a G. Cepollaro, G. Varchetta, La formazione tra realtà e possibilità. I territori della betwenness, Guerini, Milano, 2014, pp. 9-53.